normativa
La Direttiva 2000/60/CE, recepita a livello nazionale dal D.Lgs. 152/06 e dal D.Lgs. 30/2009, istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di tutela quali-quantitativa delle acque per l'attuazione di una politica sostenibile a lungo termine di uso e di protezione per tutte le acque interne (superficiali e sotterranee), per le acque di transizione e per le acque marino costiere. L'obiettivo prioritario è quello di mantenere il buono stato delle acque, prevenire il loro ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare le condizioni degli ecosistemi acquatici, delle zone umide che dipendono direttamente da questi e dagli ecosistemi terrestri, in considerazione della loro necessità di acqua.
Di conseguenza, le autorità competenti devono attuare programmi di monitoraggio per stabilire lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici e valutare il raggiungimento o meno di un buono stato ambientale, adottando conseguentemente le azioni e misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo posto dalla Direttiva.
Le attività di monitoraggio dei corpi idrici, che il D.Lgs. 152/06 pone in capo alle Regioni, rappresentano un efficace strumento per la conoscenza dello stato della risorsa idrica ed un valido supporto alla pianificazione territoriale ai fini del suo risanamento, permettendo di verificare nel tempo l'efficacia delle misure adottate per raggiungere gli obiettivi ambientali.
Il D.Lgs. 152/06 (Allegato 1 alla parte terza Parte III), sostituito interamente dal D.M. 260/10, recepisce i criteri definiti dalla Direttiva 2000/60/CE, modificando rispetto al passato l'impostazione di base del monitoraggio di qualità ambientale delle acque interne sia in termini di approccio sia di impostazione.
I problemi principali che si pongono in capo agli Stati membri, per il raggiungimento di questo obiettivo, sono due:
- Identificare gli elementi a cui l'obiettivo deve essere associato;
- Assegnare ad ognuno di questi elementi una specifica tipologia, che definisce le condizioni qualitative di riferimento rispetto alle quali valutare il raggiungimento dell'obiettivo di qualità.
Per quanto riguarda l'identificazione di elementi a cui deve essere associato l'obiettivo di prevenire l'ulteriore deterioramento delle acque, la Direttiva definisce il corpo idrico come una "coerente sotto-unità di un bacino idrografico o di un distretto idrografico" alla quale sia possibile assegnare l'obiettivo ambientale previsto dalla Direttiva. La suddivisione in corpi idrici di un bacino idrografico o di un distretto idrografico, che dovrebbe essere fatta in via preferenziale utilizzando criteri geografici e idrogeomorfologici, deve essere condotta in modo da identificare in modo chiaro ed inequivocabile tutti gli oggetti che costituiscono il corpo idrico, in maniera tale che gli Stati membri siano in grado di applicare la Direttiva correttamente. La metodologia per l'identificazione dei corpi idrici deve pertanto svilupparsi secondo un processo iterativo che andrà verificato in corso d'opera, nel rispetto dei criteri di praticità e sinteticità richiesti dalla Direttiva. Bisogna tenere presente che questa prima identificazione, e relativa descrizione, dei corpi idrici andrà integrata dagli Stati membri con ulteriori elementi conoscitivi, quali ad esempio quelli richiesti dagli articoli 5 e 8 della Direttiva.
In merito, invece, all'assegnazione di una specifica tipologia ad ogni corpo idrico, la Direttiva prevede che il raggiungimento dell'obiettivo di "buono stato ecologico" sia valutato, per ogni corpo idrico individuato nel distretto/bacino idrografico, sulla base di un raffronto tra lo stato ecologico "misurato" e le condizioni di riferimento individuate. Per fare questo la Direttiva richiede che gli Stati membri differenzino i corpi idrici superficiali individuati nel distretto/bacino idrografico in "tipi" e che ad ogni tipo siano associate delle condizioni di riferimento che definiscano lo stato "ecologico elevato".